Le donne e le imprese: un binomio che deve riacquisire centralità
Un dato che deve farci riflettere è quello del report di Unioncamere che vede attualmente le donne guidare appena il 22% delle piccole e medie imprese[1]."In questo momento le donne si concentrano nei settori del commercio, del turismo, dell’agricoltura, dei servizi alla persona. Sono ancora poche ma tendono a crescere, soprattutto per merito delle imprese guidate da giovani donne che investono soprattutto in settori innovativi e quelli del digitale" ha affermato il vicesegretario nazionale Tiziana Pompei, a testimonianza di come trasversalmente alla scelta del settore i risultati imprenditoriali non subiscono variazioni.
Eppure ormai sono sempre di più gli studi di settore che prevedono una nuova centralità femminile all'interno dei processi decisionali delle aziende, grazie alla ritrovata importanza delle soft skills nel management.
E' una storia antichissima quella della centralità della donna, per troppo tempo però oscurata da una visione socioeconomica che l'ha relegata a ruolo marginale, in favore di una concezione più prettamente maschile della gestione degli affari.
E' infatti recente la scoperta a Pompei di una statua nel Foro in onore di Eumachia, che potrebbe invece essere definita la prima vera donna imprenditrice della storia. Anche se della sua biografia conosciamo ben poco, il ritrovamento e l’importanza che aveva nell'imponente tessuto commerciale della città, oltre che naturalmente l’edificio a lei intitolato, lasciano credere che questa figura, sacerdotessa di Venere e patrona dei lavandai, dovesse essere un personaggio importantissimo nella società pompeiana di epoca augustea. Fu lei, infatti, a desiderare fortemente e a realizzare la costruzione dell’imponente edificio che doveva ospitare il mercato della lana, e si ritrova a fornire ai posteri un esempio e un modello di abilità commerciali senza eguali[2].
Tornando ai giorni nostri, le peculiari capacità delle donne hanno permesso loro di coniugare al meglio lo spirito imprenditoriale con il cosiddetto smart business, puntando su progetti ad alta innovazione tecnologica e gestionale. Spesso realtà orizzontali, dove il dialogo e la co-operazione delle parti permettono all'azienda nel complesso un salto di qualità nettamente superiore rispetto alle imprese basate invece su una struttura piramidale classica.
Ne è un esempio la città di New York, che detiene il primato di città con la maggior densità di startup fondate da donne in tutti gli Stati Uniti. Qui realtà come Kiva, una piattaforma di micro-credito no-profit fondata da Jessica Jackley, imprenditrice e investor impegnata nella financial inclusion, come Cnote, un sistema di risparmio fondato da due startupper donne che consente di guadagnare il 2.5% sui soldi investiti in progetti locali guidati da donne e minoranze, o come SheEo, uno strumento creato da Vicki Saunders (e già replicato in 150 Paesi) per finanziare l’innovazione e l’imprenditorialità femminile attraverso prestiti a bassissimo interesse, possono trovare terreno fertile e una cultura aziendale profittevole[3].
Il mio augurio è che anche nel nostro Paese possa rapidamente prendere piede questo tipo di cultura, che permetterebbe a molte aziende di riprendersi e di operare con successo e al passo con i tempi.
Simona Grossi