Le imprese di oggi passano per le soft skills: così le donne assumono una nuova centralità
Il mondo imprenditoriale è cambiato profondamente rispetto a pochi anni fa, e in questo nuovo contesto stanno emergendo sempre più aziende o modelli gestionali improntati sulla cooperazione, sulle pari opportunità e su una serie di attributi manageriali fino ad ora considerati marginali, le cosiddette soft skills.
Per queste s’intendono peculiari competenze attitudinali ed operative, come l'attitudine al lavoro di gruppo e alla gestire dello stress, il pensiero critico, il multitasking, l’empatia, l’intuizione, la ricerca di inclusione, la propensione alla flessibilità e l’intelligenza emotiva[1].
E' chiaro come un profilo manageriale in grado di gestire tutte queste caratteristiche possa molto probabilmente essere una figura femminile. A giudicare da un sondaggio svolto nel 2016 in novanta paesi dall’Hay Group dell’agenzia Korn Ferry, infatti, le donne si confermano superiori rispetto agli uomini in 11 delle 12 soft skills esaminate[2].
L'annuale report Diversity Matters di McKinsey su oltre 300 aziende nel mondo ci mostra che la relazione tra soft skills e l'aumento di profittabilità aziendale e` certificata, poiché una buona rappresentanza femminile nel senior management incrementa la performance economica dal 20% al 40% dei parametri rilevanti.
Da non sottovalutare anche l'apporto etico, che anzi, secondo alcuni studi portati avanti dalla Banca Mondiale, si conferma anche nelle amministrazioni pubbliche, in cui una gestione femminile è in grado di diminuire la corruzione e aumentare il consenso popolare.
Le donne risultano infatti meno disponibili a fare compromessi su temi etici rispetto agli uomini, gestiscono meglio il tempo calibrando in questo modo ogni singola decisione e hanno una differente gestione dei rischi quando ricoprono il ruolo manageriale di un'azienda.
Secondo il 47imo rapporto del Censis, il saldo delle imprese femminili nell’ultimo anno è stato di cinquemila in più rispetto agli uomini, dovuti a una capacità di resistenza ma anche di innovazione, di adattamento difensivo e persino di rilancio e cambiamento[3]. Lo studio Censis-Confcooperative dal titolo Donne al lavoro, registra un aumento di 71.000 occupazioni tra le libere professioniste e le imprenditrici negli ultimi dieci anni. Si è assistito a un nuovo protagonismo femminile motivato da una spinta all'iniziativa personale e alla voglia di fare in proprio, con un marcata propensione all'innovazione[4].
Le donne, quindi, non solo hanno dimostrato una maggiore capacità di resistenza, ma sono anche riuscite ad inserirsi meglio in quei spiragli di innovazione e cambiamento che la crisi degli ultimi anni ha lasciato incustoditi.
Credo quindi che si dovrebbe ripartire da questa rinnovata spinta imprenditoriale basata sull'orizzontalità, sulla cooperazione e sulla centralità delle donne nei ruoli decisionali attraverso le proprie soft skills per ritornare a crescere come aziende e come territori, gettando le basi per una rinascita socio-economica finalmente ecosostenibile.